Calcio-Caos... Perché?

Da: Maradona101
Date: giovedì 14 agosto 2003
Time: 23.32.15

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Perché il calcio è nel caos, la magistratura ordinaria ne invade l’autonomia, quella sportiva sforna sentenze contraddittorie, Catania oscilla tra la B e la C, altre città cercano di evitare la retrocessione appellandosi a Tar troppo sensibili, politici e partiti danno battaglia cercando un comodo consenso? Per un piccolo cavillo giuridico. Di solito le squalifiche si scontano nella manifestazione in cui si prendono: tornei tra nazionali, Champions League, campionato, Coppa Italia. Fanno eccezione quelle a tempo. Vieni interdetto sei mesi per doping? Non puoi giocare in nessuna squadra. Succede che il senese Martinelli venga squalificato in B e debba saltare la gara del 5 aprile. Lo fa ma viene schierato nella «Primavera» che scende in campo in quel giorno.

Martinelli paga il suo debito, ma la norma è ambigua, non esplicita. Colpa di una formulazione imperfetta del regolamento varato nel 2001 da Petrucci mentre è commissario della Federcalcio. Così il Catania argomenta che il suo pareggio del 12 aprile col Siena sia falsato dalla presenza di Martinelli: avendo giocato nella «Primavera» non ha scontato la squalifica. Ma spirito e logica della norma sono chiari: quindi la Disciplinare ne respinge il ricorso e convalida il risultato. La Caf, la Cassazione del calcio, rovescia a sorpresa il verdetto, dà partita vinta ai siciliani, provoca la sollevazione dei club in lotta per non retrocedere in C. Otto dei quali si appellano alla Corte federale, massimo organo giuridico della Federazione, per difendere i loro diritti. La Corte dà torto alla Caf, ma, anziché rinviarle la pratica, sentenzia che siano tolti al Catania i due punti in più concessigli. Rispedendolo in C e salvando Napoli e Venezia, altrimenti costretti a uno spareggio.

Tanto per intenderci, i giudici sportivi sono magistrati ordinari di altissimo livello prestati alla Federazione, in gran parte insediati da Petrucci quando era commissario, del tutto autonomi e non rimovibili fino alla scadenza del mandato. Impensabile che possano essere manovrati da Carraro o da chiunque altro. Infatti la Caf, presieduta da Barbieri (magistrato di Corte d’Appello) ma in sintonia col suo capo, Martellino (rappresentante dell’Italia nella commissione dei magistrati europei), precipita Carraro in un mare di guai. Nulla in confronto alle conseguenze della sentenza emessa dalla Corte, guidata da De Lise, presidente (seconda sezione) del Consiglio di Stato.

Il Catania rileva, giustamente, come la Caf rappresenti l’ultimo ordine di giudizio: nessuno può riformarne le sentenze. Ma, anziché ricorrere, come il Paternò (danneggiato da un’altra sentenza della Caf sulla stessa materia) alla Camera di conciliazione del Coni, si appella alla magistratura ordinaria. Rompendo la clausola sottoscritta da tutti gli sportivi, rinuncia a cercare giustizia al di fuori della loro organizzazione. Il Tar di Catania impone subito il rispetto della sentenza emessa dalla Caf, con l’immediato ritorno del club in B.

Addirittura coinvolge il ministro Urbani e il sottosegretario Pescante (vigilanti sullo sport) a far rispettare la sua ordinanza come commissari «ad acta». Doverosa l’opposizione della Federcalcio in difesa della propria autonomia, ma Carraro eccede nei toni: in fondo il pasticcio lo hanno fatto i suoi tribunali, anche se non ne ha colpa. Rifiuta di recuperare il Catania, ricorre al Cga di Palermo, non si rifugia nella Camera di conciliazione del Coni, entra in conflitto con Petrucci, lietissimo di essere - finalmente - lui a poterlo sgridare. Anche i giudici di Palermo dan torto alla Federazione: così il Coni ordina di riportare il Catania in B e Carraro si adegua. Nel frattempo ha accettato la Camera di conciliazione cui ha fatto ricorso il Napoli. Prima che Cardia (presidente della Consob) ne abbia scelto i componenti, Martellino rilascia un’intervista all’Ansa nella quale dice: «Dovessi giudicare oggi la vicenda di Martinelli darei torto al Catania».

Perché non potrebbe ignorare i rilievi della Corte federale. Molti pensano che la Camera di conciliazione rinvierà la pratica alla Caf. Quella dichiarazione spinge gli avvocati di Gaucci ad appellarsi nuovamente al Tar. Zingales non li delude. Ordina che il Catania sia riammesso in B senza condizioni e che la Corte del Coni si astenga dal prendere provvedimenti sul caso. Un intervento fortemente lesivo dell’autonomia sportiva e abbastanza bizzarro: disapprova una sentenza ancora prima che il tribunale si sia formato. Il Tar del Lazio (cui han fatto ricorso Napoli e Venezia) gli dà torto e porta - finalmente - un po’ di buon senso nella vicenda. Si considera incompetente perché i Tar non possono intervenire sulla Federazione (diventata un’azienda privata con la riforma Melandri) e quanto di pubblico resta nelle sue funzioni non riguarda certo classifiche o regolamenti. Consente che Napoli e Venezia abbiano il diritto di appellarsi alla Corte del Coni. Verso la quale sembra debba avviarsi la vicenda. Mentre il Tar di Salerno cerca il suo giorno di visibilità e di gloria ammettendo la squadra locale alla serie B, senza alcun ragionevole motivo. Tar che vai, sentenza che trovi. Possibile che ai vertici della Magistratura non si capisca quale danno provoca all’immagine dell’istituzione questo esercizio personalistico e arrogante del potere?

Ma la Caf ha in serbo un’ultima sorpresa. Il 17 maggio Catania-Venezia finì 1-1. Nelle file dei siciliani giocava Grieco. Il quale il 7 febbraio fu squalificato, saltò la partita col Genoa, ma il giorno successivo fu schierato nella «Primavera». Il Venezia se ne accorse e fece a suo tempo ricorso. La Disciplinare, giustamente, gli diede torto. Invece la Caf gli dà sorprendentemente ragione, non tenendo conto del parere espresso dalla Corte federale. Così il Catania torna in C. Personalmente considero aberranti le sentenze della Caf e assurdo un provvedimento a tale distanza dall’eventuale colpa. Ma se la Caf era insindacabile quando dava ragione al Catania, deve esserlo anche quando gli dà torto. Tranne che per Zingales, secondo cui il Catania ha sempre ragione. A questo punto restano pochi spazi di rivalsa, pur attendendo la Corte di conciliazione, la cui importanza viene assai ridotta. Avremo una B a venti e senza i siciliani. Riccardo Gaucci è stato squalificato per dieci mesi in merito alla rottura della clausola compromissoria. Poco. La richiesta era di due anni. Carraro chiederà cento miliardi di danni a un quotidiano romano.

La morale di tutto ciò? Lo sport deve scrivere meglio le sue norme. I giudici recuperare, ovunque, quel buon senso che talvolta dimenticano per vanità intellettuale, virtuosismo giuridico e il piacere di darsi torto l’un l’altro. I dirigenti di club ritrovare un minimo di fair-play cercando il successo sul campo, non tramite cavilli abbastanza vergognosi. I dirigenti sportivi ricordarsi che sono al servizio del sistema, non ne sono i padroni.

CARI AMICI MIEI, QUESTA E' LA VERITA' TUTTO IL RESTO E' ALIBI!!


Aggiornato il: 24 febbraio 2010