GIORGIO ASCARELLI,

 “IL MITICO PRESIDENTE”

 

 

In questo momento, così difficile nella storia del Club Azzurro, ci sembra d’obbligo ricordare Giorgio Ascarelli, l’Uomo che più di tutti s’impegnò per costituire l’allora Associazione Calcio Napoli e che, forse, è stato il più grande Presidente della nostra squadra del cuore. 

Nato, ovviamente, a Napoli nel quartiere Pendino da famiglia di origine ebrea di facoltosi commercianti del settore tessile, comincia ad appassionarsi di calcio assumendo la gestione dell’Internaples, rilanciando la squadra a livello Regionale. 

Fra le altre iniziative, riuscì ad assicurarsi il futuro allenatore del famoso “quinquennio” juventino (1930 – 1935) periodo nel quale i Bianconeri per cinque volte consecutive diventano Campioni d’Italia. L’Internaples nel Torneo Regionale del 1926 mette a segno la bellezza di 130 gol, disponendo in attacco di giocatori del calibro di Attila Sallustro e di Giovanni Ferrari, futuro Campione del Mondo. 

Il 1° Agosto 1926, dopo aver superato dissapori e divergenze di varia natura, Ascarelli riunisce il Consiglio dell’Internapes proponendo di cambiare la denominazione del Club in Associazione Calcio Napoli, mantenuta fino al 1964, quando fu costituita la Società Sportiva Calcio Napoli.  

Dopo un primo Campionato di assestamento Ascarelli, al termine del 1926, è costretto a dimettersi da faide di carattere politico e razziale. 

Passano due anni, durante i quali si alternarono alla guida della Società diversi timonieri, e il posto di Presidente è nuovamente suo. Immediatamente, si trova di fronte ad un grave problema gestionale. Per essere ammesso al neonato Campionato a girone unico, a carattere Nazionale (siamo nel 1929), il Napoli deve affrontare in uno spareggio la Lazio a Milano, il 23 giugno.  

Dopo un combattuto 2 a 2 epicamente raccontato, sotto forma di passa-parola, da Michele Buonanno segretario del Napoli testimone oculare all’Arena di Milano e da Felice Scandone che riportava ad una folla enorme le notizie ricevute da Milano affacciandosi al balcone della sede  di piazza San Ferdinando del giornale “Mezzogiorno Sportivo”, Ascarelli convinse il Segretario della Federazione Gioco Calcio ad evitare un secondo spareggio. 

Leandro Arpinati, allora Segretario della Federazione, decise così di “allargare” la Serie A a diciotto squadre, includendo anche la Triestina, oltre naturalmente il Napoli e la Lazio. In quella occasione, Ascarelli promise di costruire un Napoli competitivo, degno dell’importanza della città e della “nuova “ serie A. 

Il Presidente mantiene le promesse fatte, cominciando a fare del Napoli un Club calcistico con organizzazione d’azienda, con tanto di bilancio e con Stadio proprio ( il primo e l’ultimo posseduto dal Napoli). Infatti, nel Febbraio del 1930 - esattamente il giorno 23 – fu inaugurato  al Rione Luzzatti lo Stadio voluto dal Presidente, con ben 10.000 posti, ospitando un incontro con la Juventus che terminò in parità, 2 a 2. 

All’inizio di quella stagione, Ascarelli aveva convinto il famoso allenatore inglese, William Garbutt, a stabilirsi a Mergellina e, inoltre, acquistò validissimi elementi, come il portiere Cavanna ed il cannoniere Vojiak. Il Napoli si classificò al quinto posto, ma il Presidente non visse la gioia di vedere la conclusione di quel Campionato. 

A neanche 36 anni, soltanto diciassette giorni dopo l’inaugurazione dello Stadio (si chiamò Vesuvio), una peritonite fulminante stroncò la giovane vita del “ mitico “ Presidente. Era il 12 marzo del 1930!  

Immensa fu la folla che accompagnò per l’ultimo viaggio l’Uomo che Giuseppe Pacileo definì come “Colui che ha portato in soli cinque anni il Napoli dall’età del Bronzo a quella del Rinascimento”. 

Forse (…ma sarebbe meglio dire senza forse), con Lui alla guida il nostro amato Ciuccio avrebbe potuto festeggiare con mezzo secolo di anticipo la conquista dello Scudetto. 

Ah, se il Napoli trovasse oggi un altro Giorgio Ascarelli!

 

 

 

Emanuele Orofino                                       13/7/2004  

 

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