HASSE JEPPSON, MISTER 105

  

Nato a Goteborg (Svezia) il 10 maggio 1925 trascorse un’infanzia senza problemi tanto da praticare sport costantemente. A diciotto anni, oltre a farsi notare sul campo verde, è anche un discreto giocatore di tennis, tanto da classificarsi come numero nove nella classifica nazionale, ed è anche campione studentesco. 

Il calcio, però comincia ad assorbirlo completamente quando, trasferitosi a Stoccolma per seguire il corso ufficiali, viene ingaggiato dal Djvgarden il quale viene promosso nella serie A svedese grazie soprattutto ai suoi gol (vincerà anche la classifica cannonieri). 

Nel 1950 è convocato in Nazionale per partecipare ai mondiali brasiliani. Conosce la sua grande giornata proprio contro l’Italia, realizzando 2 reti nel 3-2 finale, surclassando il celebre Parola (quello della rovesciata sugli album di figurine Panini). 

Molti giocatori di quella Svezia vengono ingaggiati da squadre italiane, ma Jeppson è uno dei pochi a resistere alle sirene nostrane. Teme, passando professionista (allora in Svezia vigeva il dilettantismo puro, solo qualche accademico premio partita), di non riuscire a completare gli studi universitari, così decide di andare a Londra ad imparare l’inglese. Qui il Charlton “team” di 1ª divisione gli dà modo di allenarsi e giocare. Segna 12 gol in altrettante partite consentendo alla squadra di conquistare una sofferta salvezza. A questo punto (siamo nel 1951), l’Atalanta che già aveva cercato di ingaggiarlo l’anno prima, riesce a convincerlo al grande passo: diventare professionista in Italia. Disputa una grandiosa stagione (20 gol). I preziosi suggerimenti del danese Soerensen rendono incontenibili i suoi scatti rabbiosi, la velocità in progressione e la freddezza nel battere a rete, sia in acrobazia che con palla a terra. 

Frattanto, a Napoli, Achille Lauro ottiene uno strepitoso successo elettorale che lo porta alla poltrona di sindaco, e come atto di gratitudine verso i suoi elettori dichiara di voler acquistare il miglior calciatore disponibile sulla piazza. Convoca l’allenatore Monzeglio e chiede quale giocatore desidererebbe per il Napoli. Il “Mister” indica Jeppson. L’Inter, venuta a conoscenza della trattativa, si inserisce nella stessa e così l’Atalanta rialza il prezzo. 

Si apre un’asta selvaggia e il “Comandante” per vincerla è costretto a rilanciare sempre arrivando alla somma astronomica (per quei tempi) di 105 milioni! 30 sono per lo sbalordito svedese che mai avrebbe pensato di arricchirsi a tal modo con un pallone. Il fatto sollevò un’enorme sensazione provocando le immancabili interpellanze parlamentari, prima naturalmente di sgonfiarsi. 

Per varie ragioni Jeppson non rese secondo le aspettative. Un po’ perché sentiva il peso di quella supervalutazione, un po’ perché contrastato sulla leadership della squadra da Amadei, un po’ per il rapporto non sempre idilliaco con la società che gli contesta una condotta non completamente in linea con il suo ruolo di atleta. 

Realizza comunque 52 gol in 112 partite, disputando la sua migliore stagione nel 1953-54, andando a segno per 20 volte. Lauro lo cede, nell’estate del 1956, al Torino, dove lo svedese terminerà la sua carriera l’anno seguente. 

Non ha però abbandonato l’Italia, dove è stato per molti anni addetto commerciale di Svezia, giusto per dimostrare che gli studi non sono mai superflui.

 

 

Pillole

 

·        la prima volta che cadde a terra giocando al vecchio stadio del Vomero uno spettatore esclamò: “E’ caduto ‘o Banco e Napule!”.

 

·        A Napoli ha anche incontrato la futura moglie, Emma Di Martino, conosciuta al Tennis Club di Napoli.

 

·        Dopo una doppietta segnata alla Juventus, fu portato in trionfo dai tifosi fino al Maschio Angioino che gli urlavano “Jeppesonne, tu si ‘na cosa grande!”.

 

Emanuele Orofino                                         9/10/2003  

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