LA CONTESTAZIONE PAGA? 

 

La sconfitta contro il Genoa ha fatto infuriare buona parte della tifoseria napoletana, ed in occasione della gara con il Lecce, è riesplosa la contestazione al San Paolo, ma serve davvero alla causa azzurra?

Sugli spalti dello stadio campeggiavano vari slogan, tutti contro la squadra, ne citiamo solo alcuni per dovere di cronaca:

“Chiedete contratti e stipendi, ma siete solo sporchi pezzenti.”

“Colomba vola via.”

“Denari, sacrifici, delusioni, state infangando i nostri colori:VERGOGNA.”

Infine una curva intera era solcata da striscioni con i nomi dei calciatori del Napoli, ma tutti al femminile (es. Luisa Vidigal, Claudia Husain, Davidina Dionigi, Francesca Baldini, ecc.). Poi tanto per gradire, i giocatori si sono visti accogliere da lanci di uova ed arance sia nel primo che nel secondo tempo, e sonori fischi hanno accompagnato la partita.

Questa contestazione è rimasta comunque nei limiti del lecito, ed è assolutamente comprensibile, visto che il Napoli non è mai andato così male in tutta la sua travagliata storia,  però contestare i giocatori in campo non porta mai ad un miglioramento né del gioco né dei risultati. Così si crea ulteriore nervosismo (si veda l’episodio Ferrarese) e maggiore difficoltà dei giocatori che si sentono insicuri e non rischiano giocate che potrebbero portare a bordate di fischi se sbagliate ma che sarebbero in grado anche di diventare vincenti, inoltre alcuni giocatori potrebbero risentirne profondamente nel morale già fiacco, con l’unico risultato globale di far giocare ancora peggio la squadra. La soluzione probabilmente consiste nel manifestare dissenso non recandosi allo stadio, oppure andando allo stadio con striscioni issati senza però bersagliare i giocatori con fischi e lanci vari durante i 90 minuti ma incitandoli in ogni caso.

In realtà buona parte dei calciatori azzurri si sta impegnando a fondo, e quasi tutte le maglie, almeno degli italiani, diventano pregne di sudore a fine gara, il problema è però di un organico che si dimostra più debole di quanto pronosticato, di un allenatore che non riesce né a trovare soluzioni vincenti né ad inculcare un gioco (sempre più necessario nel calcio moderno) nei suoi uomini, ma soprattutto il problema è nella società, ancora una volta colpevolmente immobile e taciturna.

 

18/11/02

Raimondo Miraglia

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