• CARPISA, BUCCHI: "VINCERE A NAPOLI E' UN QUALCOSA DI SPECIALE" •

 
 
 
 
(dal mensile di aprile, MANUEL PARLATO, foto di Felice De Martino) - “Piero Bucchi uno di noi” . Quelli del Gruppo Rock dalla curva alzano la voce ed intonano un coro che suona come una carica, ma non solo. La torcida azzurra si infiamma, coccola così il coach diventato un napoletano d’adozione e lui, bolognese di nascita, ringrazia dalla panchina. Diciamoci la verità: che tra felsinei e napoletani vi sia stato sempre feeling non fa più notizia. Anzi aggiungiamo che Bucchi è diventato anche scaramantico, componente che solo un buon napoletano può avere. Dopo ogni vittoria casalinga va a festeggiare sul lungomare assieme a coach Bartocci ed al team manager Betti con una cena a base di pesce. Più gemellaggio di così si muore, più napoletano di così davvero ce ne vuole. Se al feeling si aggiunge anche lo sport, in questo caso il basket, il gioco è fatto. Il mix è di quelli straordinari, anzi dirompenti: Piero Bucchi più Carpisa Napoli. Noi sintetizziamo così: un esperto timoniere alla guida di una nave divenuta grande strada facendo e, soprattutto grazie al coach che ora ci invidia mezza Italia del basket. E che Napoli vuole tenersi stretto come un gioiello raro. Il suo contratto in scadenza a giugno è il primo tassello da riempire per dare continuità al progetto del presidente Mario Maione.
Se la Carpisa è riuscita a conquistare la Tim Cup dopo quasi un trentennio di attesa vana, il merito è soprattutto il suo, perché nel basket si sa l’allenatore conta molto di più rispetto a tutti gli altri sport di squadra. E Bucchi la Coppa Italia l’aveva conquistata nel 2000 quando era alla Benetton Treviso. Paragoni a confronto: “Vincere a Napoli è un qualcosa di speciale, di irrepetibile - dice -. Poi, se si riesce nell’impresa di conquistare un trofeo, per la prima volta possiamo dire che la sensazione diventa magica, indimenticabile. Diciamo che nessuno avrebbe scommesso in estate sul raggiungimento di questo storico obiettivo. Il merito è di un gruppo magnifico che è riuscito ad essere unito in campo ed anche fuori”.
Ma l’appetito vien mangiando. Napoli sogna il tricolore, anche questo sarebbe il primo, in questo caso al diavolo la scaramanzia, perché con una squadra capace di qualsiasi impresa (vedi Forlì) sognare è più che lecito. Ma a dire la verità la squadra ha attraversato un periodo negativo. Tre sconfitte in quattro gare contro Varese, Siena ed Avellino. Poi l’inversione di marcia. Schiantata con 19 punti di differenza Udine dell’ex Allen con sei uomini in doppia cifra ed un Lynn Greer vestito da extraterrestre, rovesciata la differenza canestri e poi vittoria su Reggio Calabria, fanalino di coda della classifica. Della serie: la crisi è solo un brutto ricordo?
Bucchi sintetizza la potenza di un gruppo straordinario costruito a sua immagine e somiglianza: “Abbiamo attraversato un periodo no - aggiunge Bucchi - ma in un campionato come il nostro può succedere. Così come può capitare che nel corso di un torneo alcuni giocatori siano in carenza d’ossigeno rispetto agli altri. Ma credo che ora quelli in forma riusciranno a trascinare quelli un po’ sotto tono”.
Il calendario è ora dalla parte della Carpisa, prima Capo D’Orlando, poi la rivincita della finale di Coppa Italia a Roma contro la Lottomatica ed ancora Cantù ed infine lo scontro diretto con la Vidi Vici Bologna. Sulla carta solo la gara contro Roma potrebbe essere proibitiva. Napoli sogna, puntando tutto al quarto posto che significherebbe un altro obiettivo storico, vale a dire il tagliando per disputare l’Eurolega della prossima stagione, sarebbe la prima volta. “Saranno quattro finali - conclude Bucchi - il calendario può anche essere positivo, ma le ultime gare ci hanno dimostrato che nessun avversario può e deve essere sottovalutato, ma affrontato sempre con la concentrazione giusta, quella che ci ha permesso di raggiungere già grandi obiettivi”.

 

 

 

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