

Ancora una giornata no dell’arbitro, l’ennesima in questo campionato, la quarta consecutiva su quattro incontri del girone di ritorno, certo “che sfortuna”! Sarà che quando ci sono giornate negative l’azzurro è un colore mal tollerato, fatto sta che l’incapacità dei fischietti si mostra sempre parecchio capace nella sua unidirezionalità di sviste e orrori. È arrivata la prima sconfitta, stavolta le alchimie del mago toscano non hanno sortito effetto, è arrivata come l’ospite più indesiderato “e ‘l modo ancor m’offende”! Il Napoli aveva giocato la sua ottima partita, sotto di uno a zero per un rigore dubbio (l’ennesimo) più la sfortuna nel rimpallo, era riuscito a rimettersi immediatamente in carreggiata. Traversa, palo, rigore non dato, espulsione assurda, espulsione evitata con uno scambio di persone, sfortuna e torti, e poi alla fine anche il mea culpa per aver lasciato tutto solo in aria il capocannoniere del torneo. La sintesi beffarda e sghignazzante di una partita che il Napoli avrebbe potuto e dovuto vincere, un altro incontro ancora che il Napoli avrebbe dovuto vincere e non ha vinto. Errori ed episodi possono incrinare ed indirizzare gli incontri quando sono in equilibrio, ma non possono sovvertire del tutto i valori in campo, laddove la disparità di forze è evidente, ed in questo il Napoli ha da intonare dieci “atti di dolore” per non essere intervenuto in modo più veemente sul mercato di riparazione, perché se avesse preso quel bomber che manca e che in tutti questi incontri “particolari” avesse concretizzato le occasioni, buttando dentro il pallone, non sarebbe poi stato sufficiente il signor Dodiato di turno, a meno che, sempre “per caso”, “per errore”, non avesse gettato lui la palla in fondo al sacco partenopeo. L’amarezza è grande, ovviamente, ma lo è anche la consapevolezza della propria forza, testa bassa e lavorare dunque, senza lamentarsi, chè tanto per ogni lamento c’è poi sempre il castigo “delle stelle”. Domenica incontro di cartello, in serale, in posticipo, contro l’Inter fagocitacampionati. Il San Paolo sarà vestito per l’occasione, pieno in ogni suo spazio infinitesimale e pronto a protestare contro le ingiustizie, come un Baveheart, col viso tinto d’azzurro, pronto a dare battaglia col suo cuore impavido, da solo, con chi ha fede in lui, contro il dispotismo. Libertà calcistica, questo è da richiedere, affinchè ad ogni partita, vinta o persa che sia, si possa tornare a casa con il cuore in pace, e con la gioia di aver assistito in ogni caso ad uno spettacolo, senza il veleno di torti contorti che t’infiammi le meningi. Sarà la sfida numero 70 (tra serie A e coppa Italia) tra le due compagini a Fuorigrotta, nei 69 precedenti l’almanacco dice bene agli azzurri che hanno trionfato in 32 circostanze, perdendo in 19 e impattando in 18, con uno score realizzativo piuttosto equilibrato di 81 reti del Napoli contro le 70 dei nerazzurri. Il ricordo di una tiepida giornata autunnale, addormentata nella memoria di poco più di venti anni fa, è la prima fotografia di questa sfida che balza agli occhi dei ricordi. 22 ottobre 1989, a Fuorigrotta arriva l’Inter dei record di Giovanni Trapattoni, scudettata e favorita con quella corazzata ibrido teutonica che faceva tremare la terra al suo passaggio come gli eserciti di Serse. Il Napoli, ciononostante, non era assolutamente da meno, una compagine affamata di successi che aveva nel tango-brasileiro dei suoi sudamericani la ciliegina sulla torta di una formazione mega-plus-extra, e tutta la sfilza di accrescitivi che si possono utilizzare. Diretta da un vero arbitro, Carlo Longhi, la partita fu vibrante, emozionante, equilibrata, con colpi di fioretto e di sciabola a cercare di rompere il risultato delle reti bianche. Epilogo roseo per l’azzurro partenopeo e nell’ultimo quarto d’ora di gioco l’uno-due che stende l’Inter: al 30’ della ripresa combinazione tutta verdeoro tra Alemao e Careca e rete del bomber che sblocca il risultato. Neanche dieci minuti e c’è il “suo” sigillo, un po’ come un “ipse dixit”, già si sa di chi si sta parlando, del più immenso di tutti i tempi, Diego Armando Maradona, che con un colpo di biliardo buca per la seconda volta la rete nerazzurra suggellando, già ad inizio stagione, quello che poi sarebbe stato, al suo termine, il passaggio di testimone per il secondo tricolore nella storia di Napoli.
Negli ultimi due anni altrettanti successi per gli azzurri, entrambi per 1-0, entrambi a portare la firma del Panteron Zalayeta. Una serata magica due anni fa che con quella palombella a beffare uno Julio Cesar uscito su Lavezzi, suonò il rullo di tamburi col quale avanzare verso il posto intertoto. L’anno scorso micidiale destro dal limite a perforare l’impietrito portiere brasiliano, per quello che è stato il ruggito di una belva ferita che ormai annaspava scendendo sempre più dopo il capolavoro del girone di andata. Il San Paolo è risultato dunque sempre indigesto negli ultimi anni ai nerazzurri, e sperando che nella sera di S.Valentino il pallone si innamori dell’azzurro, si attende solo un nuovo movimento di ali per riprendere a volare e a sognare.
di Emanuele Gargiulo

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