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• BERGOMI: “DONADONI HA APPRESO TANTO DA OGNI SUO ALLENATORE” •

24/04/2009
Storie di derby e d’amicizia. Beppe Bergomi e Roberto Donadoni. L’Inter e il Milan d’una volta. Di quando anche il Napoli dettava la sua legge in campionato. Coetanei, tutti e due campioni, avversari in campionato e fratelli in maglia azzurra. Poi, chiuso con l’arte di giocare, lo «zio» da una parte e il «martello» da un’altra. Bergomi compito e competente analista di pallone e Donadoni, invece, allenatore. Lei, Bergomi, l’aveva capito già a quel tempo che Donadoni avrebbe poi scelto la panchina? «No, sono cose che non si percepiscono quando si gioca ancora. Ad esempio, ho giocato con Klinsmann e Ramon Diaz e non avrei mai immaginato che sarebbero poi diventati allenatori. Invece, Jurgen è stato addirittura ct della Germania e Diaz è tra i tecnici più apprezzati e vincenti d’Argentina». E Donadoni? «Lo conosco bene. Roberto è stato sempre assai determinato. Chi non lo conosce bene può scambiare certi suoi atteggiamenti per mancanza di carattere, invece è giusto l’incontrario: ha un carattere di ferro. Una determinazione e una volontà che ho visto in pochi. Per questo per noi era ”martello”». Forse era nel destino. Ben sette rossoneri di quel Milan di Sacchi, infatti, sono diventati allenatori: Tassotti, Baresi, Ancelotti, Van Basten, Gullit, Costacurta e Donadoni, appunto. «L’influenza di Sacchi è fuori dubbio. Ma credo che Donadoni abbia ”rubato” qualcosa ad ognuno dei suoi allenatori. Anche a quelli che ha avuto all’Atalanta all’inizio di carriera». Donadoni e il Napoli. L’accoppiata è quella giusta? «Capisco. Quando si cambia allenatore ci si aspetta sempre qualcosa di nuovo e soprattutto una svolta in campo e invece a Napoli questo non sta accadendo». E allora? «E allora credo non sia giusto ridurre tutto ai risultati. Credo, invece, che si debba dare il tempo a Donadoni di capire, di studiare e di dare indirizzi per la prossima stagione. Sarà il prossimo campionato quello nel quale si potrà giudicare Donadoni». In genere, più o meno, quanto incide un allenatore sul gioco e sul rendimento d’una squadra? «Al massimo per il venti, venticinque per cento». Questo vuol dire che il prossimo campionato del Napoli dipenderà per un quarto dall’allenatore. E per il resto? «Per il Napoli, così come per qualsivoglia altra squadra, il resto dipende dalla qualità dei giocatori che il tecnico ha a disposizione. E questa qualità dipende a sua volta dagli investimenti che fa il club». Per chiudere. Domenica al San Paolo arriva l’Inter. Ricordi personali? «Tanti. Tantissimi. Alla fine degli anni Ottanta questo era un match-scudetto. Allora a Napoli era davvero complicato fare punti. Così preferisco ricordare le partite che ho giocato col Napoli a San Siro».


Fonte: Il Mattino

di PianetAzzurro.it

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