

Un tempo nel nostro bel paese si giocava IL CAMPIONATO, con tanto di articolo determinativo e lettera maiuscola. Oggi si gioca un campionato, con tanto di articolo indeterminativo e lettera minuscola. Un campionato, uno dei tanti che si giocano in Europa, ben lontano dalla Premier League o dalla Liga spagnola. Un tempo del resto eravamo anche un Bel Paese e forse il nostro clima, le nostre bellezze artistiche, la nostra cultura, la nostra tradizione erano attrattori importanti. Ora nulla più, tra scandali, calciopoli, veline, letterine, clima politico da degrado e campionato “sotto lo stivale”. Qualcuno parla di soldoni e giocatori viziati. E sarà pure quello. Soprattutto quello. Ma Berlusconi e soprattutto Moratti non è che paghino poco. E allora? Come si spiega la grande fuga dei fuoriclasse, più cospicua di quella dei cervelli?
Motivazioni affini. Siamo un bel paese che non premia il talento, un paese stanco, un paese di vecchi e belle figurine. Se i nostri cervelli per fare ricerca o per trovare lavoro migrano all’estero, anche i campioni del pallone, fuoriclasse stranieri e non, iniziano a preferire altri lidi, pure se non c’è sempre il sole, pure se non ci sono ristoranti da sballo e veline e menestrelli.
Calciopoli ha fatto il suo, un campionato già scritto, fatto di errori arbitrali a go-go, di poco entusiasmo e con zero bel gioco hanno fatto il resto. E poi i soldoni. Competere con Abramovich o con il re delle merengue, o con i titoli vinti dalle merengue o dal Barca o dal Manchester non è facile. E lo sanno anche i nostri, più volte attirati dalle sirene straniere. E poi ci sono i procuratori: il più delle volte loschi figuri, mercanti da strapazzo che giocano al rialzo e che non sempre consigliano ai propri assistiti la scelta migliore per il proprio futuro. Basti guardare al caso Cassano, fuggito dalla Roma, caduto in disgrazia al Real Madrid e tornato mesto in patria alla Sampdoria, senza troppe emozioni e senza nazionale. Ma aspettiamo il mercato per vedere se il talento di Bari vecchia potrà rifarsi in qualche Big e vediamo chi sono i capifila della fuga. Chi va ed eventualmente chi viene, mosso dagli stessi motivi o dalla ricerca di una fortuna che fuori non è stata trovata o è andata perduta.
Trema Milano, dove da una parte Kakà e dall’altra Ibrahimovic fanno le bizze. Il primo viene da una telenovela durata due anni (si parlava di un addio già la scorsa stagione) e forse è mosso dal desiderio di cambiare aria. E’ giovane e ha diritto – al di là dei verdoni – di provare altre strade. Il secondo, stipendio da sballo, forse gioca al rialzo, ma è anche vero che alla guida dell’Inter difficilmente avrà la possibilità di vincere ciò che più agogna: il pallone d’oro. L’Inter brava a vincere nello stivale “ecatombico” appena mette piedi Oltralpe è una matricola. Che speranze potrebbe avere Ibrahimovic di eguagliare Cristiano Ronaldo o Lionel Messi? Facile a dirsi: nessuna. Senza mettere in discussione il talento dello svedese e senza spaccarsi in filo-Ibrahimovic e anti-Ibrahimovic va riconosciuto e ammesso il torpore del nostro campionato. Emozioni zero, stadi sempre più vuoti e polemiche stantie per ogni stupida questione. Ormai siamo il paese dei salotti post stadio, ma da tempo abbiamo perso il fascino del pallone, quello vero. Vedere giocare le nostre squadre è il più delle volte noioso e non ci meraviglia che chi abbia un minimo di talento preferisca imboccare altri percorsi. E ciò non vale solo per gli Ibra e per i Kakà, vale anche per i tanti giovani italiani in cerca di fortuna nel campionato inglese, in quello spagnolo o anche in quello tedesco. E se siamo quarti ci va bene.
Ma in barba a chi va, c’è anche chi torna o chi viene. Sono quelli ascrivibili a due categorie: belle figurine con tanti sponsor o campioni oramai in pensione. Dire Ronaldinho o dire Beckam è cosa nota, soffermarsi su Cannavaro, farà arrabbiare qualcuno, ma sarà un tributo alla verità. Il pallone d’oro nazionale, dopo un campionato mondiale da sballo e dopo la fuga dalla Juventus retrocessa in serie cadetta, torna all’ovile e torna alla vecchia Juve, dopo due stagioni non brillanti al Real. Amore per il patrio campionato o ricerca di un posto sicuro dove terminare la carriera? Forse avrebbe preferito anche Napoli, in barba alla Champions, ma solo per amore della maglia, come più volte dichiarato - mica per altro!
La situazione non è rosea e un miscuglio di interessi farà sì che il nostro campionato l’anno prossimo sarà ancora più triste di quello appena concluso. A meno che la fuga dei campioni e gli scambi di figurine non creino scompiglio. Magari.
di Renata Scielzo

Nessun commento a questa notizia | |
