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• «NAPOLI FA PAURA AI CAMPIONI DEL CALCIO» •

05/05/2009 12:46:38
Sergio Floccari, attaccante dell’Atalanta, è l’ultimo in ordine di tempo ad aver detto «no» al Napoli di Aurelio De Laurentiis. Avrebbe già scelto il Genoa. Piazza ambiziosa e probabilmente per lui più appetibile. Il patron azzurro ha incassato e rilanciato: «Non capisco perchè i calciatori italiani rifiutino Napoli, noi vogliamo gente che abbia amore per questa città e questa maglia. Sceglieremo altrove». Prima di Floccari c’era stato un altro «no», quello del regista dell’Udinese, Gaetano D’Agostino. E prima ancora due anni fa - un altro bomber, Rolando Bianchi, dopo un tira e molla durato oltre un mese aveva preferito la Lazio, finendo poi al Torino che oggi lotta per non retrocedere. Anche negli anni d’oro di scudetti e coppe c’erano stati rifiuti eccellenti. Il professore universitario Lucio Palombini ha provato a dare delle spiegazioni: geografiche, di condizione sociale della città, di organizzazione societaria. Abbiamo posto il quesito al guru dei procuratori italiani, che pure in passato aveva provato a convincere - senza alcun risultato - alcuni suoi calciatori a giocare nel Napoli. Antonio Caliendo, l’uomo che ha visto crescere campioni del calibro di Roby Baggio, Dunga, Schillaci e molti altri ancora. Che ancora ha procure importanti come quella di David Trezeguet. Caliendo è napoletano, ma per diventare «importante » fu costretto a lasciare la sua città. Oggi vive a Montecarlo, Napoli gli manca ma non tornerebbe mai indietro. «Resta una città provinciale - ammette - dove chi fa bene viene preso di mira e corre il rischio di fallire. Resto tifoso del Napoli, ma so quanto è difficile fare calcio in questa città. A De Laurentiis va fatto un plauso: è un uomo di mondo, intelligente e di successo. Si è preso l’onere di un investimento importante in una città difficile. E’ stato coraggioso». Da D’Agostino a Floccari: perchè giocare nel Napoli resta un problema? «Perchè non esistono regole, la cultura del volemose bene non porta da nessuna parte. De Laurentiis è solo in questo. Non ha una struttura societaria dove chi sbaglia paga, dove le leggi si rispettano. Bene ha fatto a chiamare Roberto Donadoni, uomo del nord, serio e grande organizzatore. Non basta, però. Va cambiato qualcos’altro». Probabilmente c’è anche una questione sociale: l’immagine di una città difficile che scoraggia i calciatori e le loro famiglie. La fotografia dell’emergenza rifiuti che ha fatto il giro del mondo. «Non c’è dubbio - aggiunge Caliendo - che anche questo aspetto fa la sua parte. Sapere che un giocatore giovane come Hamsik sia stato rapinato del Rolex mentre era in auto, mette apprensione. Dovendo fare una scelta, il calciatore bravo che ha alternative, non sceglie Napoli. Ha paura. Ricordo che provai in tutti i modi a convincere un grande campione di cui avevo la procura a giocare nel Napoli, mi disse no. Eppure erano i tempi di Maradona. Come lui tanti altri. Spero che De Laurentiis riesca nell’inversione di tendenza: finora ha fatto tanto per riportare il Napoli in serie A, serve ancora uno sforzo e la città dovrebbe aiutare chi come lui ha avuto il coraggio di investire. De Laurentiis è un grande imprenditore, conosce le regole. Forse quando è arrivato a Napoli non aveva piena consapevolezza di quanto fosse difficile gestire un’impresa in questa città. Ho organizzato a Napoli partite della nazionale, ho avuto problemi su tutto. Credo che anche lui adesso se ne stia rendendo conto e abbia deciso di partecipare più attivamente al progetto societario. Nel senso che, oltre ai soldi, vivrà in prima persona le sorti del club. Mi piacerebbe incontrarlo, dargli qualche consiglio».
Il progetto Napoli è nato cinque anni fa, De Laurentiis aveva raccolto un Napoli fallito dopo la gestione Naldi, aveva ricominciato dalla serie C, due anni fa era tornato in serie A fino a qualificarsi per la coppa Uefa. Un girone di andata strepitoso, un veloce ed inesorabile declino negli ultimi quattro mesi. Il cambio sulla panchina con Donadoni al posto di Reja, gli sfoghi del patron e la voglia di ricominciare ancora una volta. Il secondo quinquennio per un progetto ancora più importante: le basi ci sono, eppure Floccari ha detto no. «Non mi stupisco - spiega ancora Caliendo - adesso è più difficile ancora. Perchè i risultati sono venuti meno, c’è stato uno sfaldamento generale. Un campione preferisce crescere dove le basi sono più collaudate. In piazze forse meno calorose, ma più tranquille. Chi ha famiglia non ha voglia di sentirsi prigioniero dei tifosi. Le voci girano: a Napoli non sei libero neanche di andare in giro per shopping». Lavezzi ha avuto certo questo tipo di problema, ma finora vuole restare. «Mi rendo conto - conclude Caliendo - è giovane, viene dall’Argentina. Da una terra più o meno simile, non ha altri termini di paragone. Anzi, Napoli per ragazzi come lui è il paradiso». Non è stato così per tanti talenti napoletani che sono diventati campioni in altre città: da Borriello a Palladino, da Di Natale a Quagliarella. Tutti desiderosi di vestire la maglia azzurra, tutti orgogliosi delle proprie radici. Ma poi, tornerebbero?
Fonte: CORR DEL MEZZOGIORNO
di VL
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non scherziamo
Di z1000 - scritto il 05/05/2009 19:36:42
Cominciamo con Floccari, ha accettato di giocare nel Genoa e no nel Chievo o nel Lecce o ancora nel Torino, la prima e l'ultima squadra del Nord. Il Genoa ha fatto un grosso salto di qualità e lotta per la champion, il Napoli per cosa lotta quest'anno? Il secondo è D'Agostino sta facendo l'esploit ma secondo me non è che sia un calciatore sicuro al 100%, e quindi fa bene a fare un salto quest'anno anche perchè la stagione prox può essere un punto interrogativo per lui.
cava de'tirreni
Di gegy - scritto il 05/05/2009 16:16:46
E'SOLO UNA QUESTIONE DI SOLDI:TUTTI A CHIACCHIERE SONO DISPOSTI A VENIRE, MA QUANDO AURELIO FA LE PROPOSTE A GIOCATORI MEDIOCRI APPENA AFFERMATI (VEDI FLOCCARI)LE FA ANCHE INDECENTI(PREZZI DA B)
Amara verità
Di Aldo - scritto il 05/05/2009 15:10:35
Niente da aggiungere
MA SPIENN CHI I TTIEN I SORD
Di LALAINE FAN - scritto il 05/05/2009 15:08:51
Non vengono perchè il caro presidente NON SPENDE SOLDI PER GLI STIPENDI.